POLLI nel mirino di REPORT: altro che BIO!
di Andrea Laganga.
Ma tutta ’sta carne allevata, ci serve veramente? Un servizio che ti fa arrabbiare – ed è un eufemismo! – ma che ti fa riflettere.
Amici del Butcher,
sicuramente molti di voi avranno seguito il servizio di Lunedì su Report di Rai 3. A molti in serata sarà arrivato un messaggio di qualche collega che vi diceva “metti su Rai 3 e senti che dicono…”. Ho messo su Rai3 e … beh: animali cresciuti non all’aperto, con mangimi Ogm e maltrattati con pratiche illegali: l’inchiesta sulla carne avicola.
POLLI E D’INTRONI
Polli che vengono dichiarati allevati all’aperto quando provengono da allevamenti intensivi, rinchiusi nei capannoni mentre dovrebbero razzolare fuori per almeno un terzo della loro vita e sottoposti a illuminazione artificiale forzata h24 per farli continuare a mangiare e a ingrassare per arrivare prima al macello, produrre più carne e quindi più profitto.
Ma non solo: polli che vengono nutriti con Ogm e grassi animali nonostante l’azienda dichiari di essere Ogm-free. Questa l’inchiesta portata avanti e raccontata Lunedì a Report, su Rai3, “Che polli!” a firma di Giulia Innocenzi, volto noto santoriano che sempre su reti Rai firmò anni fa il programma-inchiesta sugli allevamenti intensivi Animali come noi e che oggi è entrata nella squadra di Sigfrido Ranucci.
NEL MONDO
Nel mondo si macellano 26 miliardi di polli ogni anno, 71 milioni al giorno e, solo in Italia, ne alleviamo 500 milioni. E nonostante il fabbisogno nazionale sia ampiamente soddisfatto continuiamo ad aprire nuovi allevamenti intensivi.
“Continuiamo a farlo – spiega David Quammen, il giornalista e scrittore diventato famoso con Spillover per aver predetto la pandemia da coronavirus, e intervistato da Report – perché noi che viviamo nei Paesi più ricchi mangiamo più carne del necessario e questa carne è prodotta in mega allevamenti intensivi. E se continueremo ad allevare 26 miliardi di polli su questo pianeta finiremo nei guai” .
Il riferimento è al virus dell’influenza aviaria “H5N1 è il virus più pericoloso che abbiamo ed è candidato a provocare la prossima pandemia” continua David Quammen.
Nell’ultimo anno sono stati uccisi 48 milioni di polli affetti da aviaria in Europa: un record, e l’Italia è il secondo Paese per contagi negli allevamenti.
PERCHE’ POLLO E ANCORA POLLO?
Come e perché questa cosa ci riguarda? Il pollo è l’animale più sfruttato del pianeta. Serve produrre quanti più polli perché il consumatore non si ciba di tutto l’animale, sceglie solo cosce, sovracosce e petto. Così vengono selezionati polli con petti enormi e pesanti, che stentano a stare in piedi.
È il mercato che lo impone, così come impone che questi esemplari crescano in fretta, e a poco costo possibilmente. È il paradigma alla base della grande distribuzione organizzata per supermercati e ristorazione: quello magistralmente descritto da Jonathan Safran Foer nel suo Se niente importa.
SOSTENIBLITA’ E BIOLOGICO
Ma come si concilia questo con la sostenibilità e le pratiche del biologico?
L’inchiesta di Report si è occupata di un marchio conosciutissimo, uno dei gruppi più grandi in Italia nel mercato della carne di pollo (50 milioni di polli all’anno), famoso soprattutto per la linea dedicata al biologico e che ha ricevuto anche la prestigiosa certificazione B CORP che attesta elevati standard di trasparenza, responsabilità e sostenibilità. Peccato che quello che ricostruisce la rigorosa inchiesta di Report sugli allevamenti bio di Jesi Cannuccia, Falconara Marittima e Ostravetere dica altro.
Tutti gli impianti della filiera biologica dovrebbero assicurare almeno un terzo di vita all’aperto agli animali. Ma le telecamere di Report e la Lav, che ha ricevuto delle immagini filmate da più telecamere fisse posizionate per diversi giorni fuori dagli allevamenti bio Fileni in questione, non vedono mai gli uscioli aperti. Eppure i polli dovrebbero poter razzolare all’aperto, ognuno in un ‘parchetto’ da 4 metri quadri per pollo, ma all’esterno dell’allevamento le telecamere riprendono solo calcinacci e detriti. La denuncia è chiara: ci vorrebbero molti più operai per far uscire e rientrare migliaia di polli ogni giorno.
Pubblicamente Fileni dichiara che il 33% delle superfici dei propri allevamenti è bio. Su quanti siano i polli prodotti in maniera biologica, la risposta ufficiale del gruppo a Report è stata: l’11%. La trasmissione si chiede se questo significhi allora che l’89% della produzione viene da allevamenti intensivi, un dato in netto contrasto con la comunicazione di Fileni, tutta basata sul biologico. Così come un’altra informazione in contrasto con quella pubblicizzata è quella relativa ai mangimi con cui vengono allevati i polli: Fileni pubblicamente dichiara che i polli sono OGM free.
ETICHETTE VERITIERE
Tuttavia sulle etichette del mangime attaccate al silos di un allevamento di riproduttori – e riprese dalla trasmissione – è scritto il contrario. E, ancora, quello che testimoniano le immagini raccolte da Report e quelle ricevute dalla Lav, dimostra che negli allevamenti Fileni di Monte Roberto, Ripa Bianca e Mucciolina alcune pratiche sarebbero al limite del maltrattamento animale: operai che mentre girano per il capannone uccidono i polli malati o che non crescono abbastanza, mettendo l’animale sotto i piedi o tirandogli il collo e gettandolo a terra agonizzante.
Tutte pratiche non legali, come conferma l’Azienda sanitaria marchigiana addetta alla sicurezza alimentare e alla veterinaria. È un ex operaio Fileni a confidare a Report che tutti i polli devono raggiungere un’altezza standard perché altrimenti, durante la fase di macellazione, non arrivano al taglio del collo e bloccano il processo. Così come che Fileni multerebbe le società fornitrici colpevoli di mandare al macello i polli che crescono meno.
clicca QUI per la FONTE: Il Fatto Quotidiano.
PAROLA DEL BUTCHER!
Questo è quanto è emerso dall’indagine portata aventi dalla trasmissione Report di Rai 3.
Ho voluto attendere una settimana dall’uscita del REPORT proprio per dare tempo e monitorare cosa avesse scatenato tale servizio nelle macellerie e tra gli addetti ai lavori.
Un racconto che sicuramente per noi addetti ai lavori ci lascia un po’ basiti. Un po’ anche incazzati e presi in giro da chi ha raccontato, certificato e scritto informazioni che poi a sua volta sono state da noi raccontate e riportate ai nostri clienti mettendoci le nostre facce.
Per quanto riguarda i clienti delle macellerie, quello che hanno riportato i colleghi è che la maggior parte ad oggi si informa sulla provenienza e l’azienda che produce il pollame esposto. Questo quindi ci fa capire che il messaggio della famosa trasmissione su Rai 3 ha raggiunto l’obiettivo.
Un report che sicuramente inciderà, facendo male a tutto il comparto meat specialmente del settore avicolo nazionale.
SONO però notizie che ti devono e ci devono far riflettere sul futuro nostro e dei nostri figli. No, non sto diventando vegano, ma come sempre vi ho detto, il movimento VEG mi ha sempre spronato ragionando nel buono che portano alla luce.
E da queste immagini mi viene da pensare:
ma ci servono tutti questi polli, questi allevamenti intensivi… questo fatto di poter avere accesso e al consumo sfrenato di tutto ciò che vogliamo?
Siamo diventati quelli che in una famiglia di 5 persone che hanno voglia di mangiare pollo, troveremo nel forno 5 cosci di pollo e non un pollo intero da dividere e spartirsi ogni singola parte dell’animale.
MENO QUANTITA’, PIU’ QUALITA’
Per non parlare poi dell’inquinamento ambientale, passando dal benessere animale, dallo spreco di cibo… insomma, la mia battaglia rimane sempre la solita:
MENO QUANTITA’, bensì PENSARE ALLA QUALITA’ di tutto. Che sia di verdure, formaggi, pesce, pasta, vino, acqua in bottiglia… insomma, tutto ciò che ci circonda; abbigliamento compreso.
Prima di chiudere, voglio lanciare un’altra riflessione da voi più volte riportata:
Ma visto ciò, ci possiamo fidare di quanto viene certificato SOLO da un’etichetta?
Come, secondo VOI, possiamo essere sicuri della qualità di ciò che veramente stiamo mangiando?
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