CARO CRACCO, ho io la soluzione: IL BUTCHER!
SERVE MANGIARE COSE BUONE: L’INTERVISTA DI CRACCO
Buongiorno amici di Maremma che Ciccia.
Nel weekend mi sono imbattuto in uno stralcio di intervista di Repubblica.it a Chef Cracco.
E se chef Cracco parla, dobbiamo stare a sentirlo!
Bene, immaginatevi il mio stupore quando – partendo dal post di instagramm – gli ho sentito dire che ” … non serve mangiare la carne, ma serve mangiare cose buone”.
Ora, vero che si deve contestualizzare e non demonizzare – e ci arrivo. Di fatto però il sottotitolo del suddetto post recita proprio “non serve mangiare la c...”. Difficile pensare a qualcosa di diverso dalla carne’.
Allora sono andato a sentire, cosa che potete fare anche voi al ink di La Repubblica
Di fatto Chef Cracco dice, sue testuali parole: “Se ci abituiamo a mangiare la fettina di carne già tagliata senza chiederci da dove arrivi, è un problema perché non serve mangiare la carne, serve mangiare cose buone, cose che abbiano un valore”.
Al ché incalzato dal giornalista con la domanda sul perché gli chef inizino a togliere la carna dai loro menu- ma davvero? – e se sia una moda o altro, Cracco risponde che non è una moda ma è difficile trovarne di buona. E per par condicio ci aggiunge anche le verdure e la pesca.
A poco importa che i menù nelle sale siano già frutto di tradizione futuro, ormai lo sappiamo e quasi tutti lo fanno, più o meno bene, senza nulla togliere a Cracco.
Ma torniamo un attimo indietro perché la cosa, ovviamente, mi ha colpito non poco:
“Se ci abituiamo a mangiare la fettina senza chiedersi da dove arriva la carne. Non serve la carne, serve mangiare cose buone un valore” – ecco direi che questa frase è di fatto un assist favoloso per noi BUTCHERS!!!!!
Sì, la ‘fettina’ è semplice e comoda… ma ormai direi che il consumatore, sia in acquisto che al ristorante, stellato o meno, sa cosa vuole e non si accontenta. Oggi c’è molta più consapevolezza di un tempo e nessuno si fa prendere in ‘castagna’: vuol sapere cosa mangia, cosa ci sia nel piatto, da dove arrivi, quali standard vengano rispettati o meno. Ma non solo, il cliente oggi segue davvero anche le mode e le vuole vedere e sentire nel piatto che gli viene presentato. Per cui, se mai, è il ristoratore – e il suo chef – che deve presentare e offrire la sua arte e la sua proposta sapendo di dare delle risposte secondo però i propri gusti e standard. E qui casca l’asino, o meglio ecco il varco importante che si apre a noi: alla figura del macellaio.
UN BUTCHER IN BRIGATA
Incominciamo finalmente a parlare e valutare l’importanza della figura del macellaio in brigata. Proprio come per il pasticcere è la figura del panificatore. Insomma, la famosa ‘fettina’ semplice ed orfana non vien da sola e se il cliente se la trova nel piatto la colpa non è sua ma dello chef e/o del ristoratore che non hanno saputo darle la giusta connotazione di ‘fettina’ interpretando i tempi e i gusti, la tradizione e il futuro offrendo quello che il territorio ha e produce davvero e da tantissimo tempo, coniugato oggi con le nuove necessità e standard e proiettato verso il futuro. Anche in una semplice fettina o piuttosto proponendo altro. Tutto è legato, tutto è fluido e ognuno ha le sue responsabilità.
Al ‘piatto’ si arriva con un percorso di ‘filiera’ e far mancare un pezzo di questa filiera è forse la più grande mancanza del momento: vuol dire non essere informati, non aver fatto lo sforzo necessario di coniugazione tra passato e futuro e non aver compiuto quel passo in vanti dell’innovazione che i tempi, e i clienti, richiedono: dall’animale alla pietanza.
La selezione avviene fin dall’inizio del percorso e la si fa in prima persona. È impensabile infatti che da un distributore di carne possa riuscire la miglior qualità adatta per tutti. La qualità è a monte, va cercata e poi va selezionata: infine fatta propria per proporla agli altri secondo la propria visione. Diventa identitaria, unica e preziosa.
Questa la selezione, la lavorazione e la trasformazione della materia prima va fatta secondo i propri standard e la propria filosofia curando ogni minimo passaggio e rispettando tempi e aspettative, fino ad arrivare nelle botteghe e sulle tavole sia per le famiglie che ristoranti. E il macellaio in brigata può essere la persona giusta e il responsabile di tutto questo: l’anello di congiunzione per mettere tutti d’accordo e fare eccellere: perché di carne buona ce n’è, eccome! Basta saperla cercare e avere i giusti riferimenti in filiera.
NON SOLO SELEZIONE
La scelta di un BUTHCER in brigata però non deve ricadere solo nella selezione, termine abusato in questi ultimi due anni e, ahimè, spesso utilizzato a sproposito. Diciamoci la verità, la maggior parte delle selezioni che circolano tra le proposte commerciali non sono altro che un marchio di fantasia appiccicato sopra ad un nome di altri, senza filosofia e senza storia per chi la compra.
Un butcher in brigata potrà fare la differenza perché la vera qualità la si ottiene dalla lavorazione della materia prima e dalla valorizzazione di ogni parte: non si improvvisa, non si inganna, non si bluffa.
Il maestro Cracco, nell’intervista di Repubblica, secondo me nasconde tra le righe qualche cosa. Quando dice che non dobbiamo abituarci a mangiare la fettina di carne già tagliata… in una semplice frase cela il nocciolo della questione.
Da fornitore di ciccia vi posso assicurare che se cerchiamo solo e soltanto un determinato taglio anatomico, come ad esempio il famigerato filetto o solo la bistecca taglio fiorentina in quantità elevata, sappiate che l’unica soluzione è rivolgersi alle grandi piattaforme di distribuzione che ‘arraffano a destra e manca’, anche a prezzi super, i tagli richiesti. E’ facile e indolore. MA!!! Sappiate che, per accontentare i vostri numeri di quel determinato e solo prodotto, verrà meno la ricerca della qualità e soprattutto l’eticità del prodotto e così facendo finiamo per dare ragione a Chef Cracco che questa sia la strada per NON mangiare cose buone.
LA STRADA GIUSTA
L’unica strada felice, invece, in linea con la parola QUALITA’, BUONO e VALORE, sta nel applicare alla lettera la filosofia Nose to Tail, dal Naso alla Coda. Ovvero quello di cercare di utilizzare al meglio ogni parte dell’Animale scelto, partendo quindi da pezzi più grandi, come ad esempio mezzene o quarti dell’animale stesso.
Questo che vi sto per dire purtroppo non viene detto da tutti perché nell’economia di oggi il business viene messo avanti a tutto. ù
Per me NO! E qui sta la differenza! Questa strada, se scelta, sarà la soluzione giusta che porterà a:
- QUALITA‘ eccellente della materia prima: ricordati che la Prima Qualità del prodotto è quella della carcassa venduta intera o comunque in parti più grosse. I tagli anatomici venduti come tali invece vengono porzionati da animali con caratteristiche di qualità secondarie. Seconda o scelte minori.
- PREZZO d’acquisto MIGLIORE e quindi maggior guadagno. Certo, acquisti a prezzi più bassi perché non ci sono stati passaggi di lavorazione che tocca a voi (o chi per voi) fare. Bisogna avere le conoscenze per farlo ma, grazie al vostro sapere otterrete l’UNICITA’ del prodotto.
- Maggior OFFERTA per i vostri clienti. Si, perché dovendo realizzare ogni parte ottenuta, avrete la possibilità di sbizzarrivi e donare un offerta sempre fresca ai vostri clienti. Questo sarà il vostro valore aggiunto, Economico e di Offerta!
SEI DISPOSTO A CAMBIARE?
Ma quanti sono disposti a cambiare? Forse applicare questa filosofia lavorativa significa avere conoscenze gastronomiche più ampie e quindi uscire dalla famosa ‘confort zone’?
E alla domanda su quanto questo ‘il macellaio costi’, beh la risposta sarà che ‘il macellaio riuscirà, oltre ad auto ripagarsi con la sua professionalità, a donare un ulteriore valore aggiunto a tutta la cucina e quindi a valorizzarne ancora di più la proposta e il prezzo finale.
O no?
Voi che ne pensate?
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!