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IL CIBO DI UNA VOLTA_ MeatOlogy DOCET!

IL CIBO DI UNA VOLTA. Saluti a tutti i lettori di MEATOLOGY! Da addetto ai lavori, le preoccupazioni per un futuro migliore sono tante ma accompagnate comunque da buone aspettative. Uno dei pensieri che mi affligge di più è: “siamo certi di conoscere i veri sapori e le giuste consistenze della carne?”
10 Maggio 2022

Chi sa se come per i Jeans a vita alta, torneranno di moda anche i SAPORI ANNI ’80?

Ce lo chiediamo continuamente perché, da buon cultori del cibo e addetti ai lavori, le preoccupazioni per un futuro migliore sono tante ma accompagnate comunque da buone aspettative.

Uno dei pensieri che mi affligge di più è:

“siamo certi di conoscere i veri sapori e le giuste consistenze della carne?”

Marcello Iuculano

Le generazioni vanno avanti e sono passati più di vent’anni da quando, in adolescenza, imparavo a conoscere prodotti agroalimentari e carni naturalissime.

La domanda che tanti mi pongono, soprattutto i più giovani, è:

“…ma è così tanta la differenza?”

La risposta è … SI!

Ma spieghiamo il perché e, soprattutto, analizziamo cosa si intende per “differenza”.

GLI ANNI ‘80

Partiamo col dire che negli anni ottanta, periodo in cui sono nato, in realtà esistevano già differenze colossali tra i prodotti in commercio e, per semplicità, vi parlerò solo di carne – ma è ovvio che la visione andrebbe aperta a 360°.

Esistevano già l’industrializzazione alimentare e gli allevamenti intensivi (meno controllati di quelli odierni); inoltre esisteva già la GDO e l’industria della carne e derivati!

“Quindi, si mangiava meglio?”

Per quello che ho potuto vedere io, la risposta è… NO!

In quel passato non troppo lontano, non c’erano molte delle conoscenze che oggi fanno la differenza: le tecniche di lavorazione e le tecnologie alimentari erano a livelli basici.

Di conseguenza, i prodotti proposti erano di media/bassa qualità anche perché, passatemi il retropensiero, ho come l’impressione che in quegli anni si puntasse solo ai soldi!

L’ARTIGIANATO

In parallelo a quanto stava succedendo esisteva però il piccolo artigianato che, per fortuna, non avendo risorse economiche per trasformarsi in industria ha continuato a lavorare negli anni con quello che aveva, poco ma buono, e la differenza, cari miei, si sentiva eccome.

Ecco infatti che la vera e propria differenza tra ieri e oggi è che: la gente di allora era in grado di valutare ciò che mangiava in maniera più nitida mentre col passare degli anni chi è cresciuto in realtà fortemente industrializzate, purtroppo, non ha avuto modo di poter sentire il sapore della ricotta calda appena fatta!

“Cosa è successo dunque?”

Provo a spiegarvelo brevemente,

L’industria si è evoluta puntando al fattore economico ma anche curando tutti gli aspetti nutrizionali, le mode e le necessità del cliente finale, mentre il piccolo artigianato è rimasto tale per scelta e consapevolezza alzando in maniera notevole il fattore qualità con produzioni limitate e tarate alle proprie capacità aziendali.

Le differenze, dunque, restano anche oggi ma, spesso, passano inosservate al pubblico generico che addirittura gira la manopola verso i prodotti d’industria.

Non voglio sminuire o puntare il dito su nessuno, ci mancherebbe, ma è giusto premiare il buono e il giusto e, soprattutto, chi crede nei piccoli progetti e li porta a termine con onestà, rispetto per l’ambiente e delle generazioni future, tramandando tradizioni e basi solide alle nuove leve.

“Ci sono possibilità che questo accada?”

Certamente e i primi segnali positivi vengono proprio dai giovani; li vediamo più attenti, curiosi ma consapevoli soprattutto dal punto di vista enogastronomico.

Sono sempre più numerosi quelli che, di fronte a una ‘vecchia novità‘ si lanciano con interesse e voglia di provare.

È anche vero che i primi approcci non sono sempre rose e fiori: il genuino e il naturare delle volte è anche “brutto” o può avere sapori e odori particolari rispetto allo standard e dunque non è detto che possa piacere a primo acchito.

Avete mai provato ad assaggiare un sanguinaccio, una cervella fritta, le stigghiole, un’insalata di nervetti?

Vi garantisco che a tanti fa venire il voltastomaco solo a sentirli nominare, ma scommettiamo che se li proponesse uno chef stellato, a 50 piotte a porzione, li mangerebbero felici e contenti?

Vi lascio con una particolarità che mi fa impazzire:

Mia sorella abita a Eindhoven (Olanda) e spesso gli spedisco carne e prodotti vari dall’Italia. Sapete cosa mi chiede spesso di spedire perché li costa un’esagerazione (circa 80€ / kg)? Il quinto quarto…

Parola di Buthcer!

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