LA TARTARE: STORIA E LEGGENDA DI UNA PREPARAZIONE E CHE A MASTERCHEF DIVENTA ‘A TARTARE’!
Per chi è appassionato di Masterchef non si è certo lasciato sfuggire la puntata della scorsa settimana dove la ‘tartare’ ha avuto il suo momento di gloria.
Oggetto di una delle prove tecniche, ad incuriosirci non sono state le preparazioni più o meno corrette e/o rivisitate dei concorrenti quanto il racconto dei tre giudici.
I TRE GIUDICI
Chef Giorgio Locatelli riporta la leggenda secondo cui “… i Tartari erano dei nomadi che, non avendo tempo per cucinare, mettevano la carne sotto la sella del cavallo. Lì sotto la carne essiccata si ammorbidiva e veniva la tagliata realizzando questa mistura”.
Di tutt’altro avviso Chef Cannavacciuolo che ben inorgoglito dalla sue provenienza geografica in una gag telegenica proclama che “… quello che ‘il mondo crea, Napoli perfeziona”. La chiosa di Chef Locatelli diventa: “non si chiama più ‘la tartare’ ma ‘ ‘a tartare’ !”.
Il Giudice Bruno Barbieri nel mostrare ai partecipanti l’essenza della prova che di lì a poco avrebbero dovuto sostenere racconta come la tartare sia di origini piemontesi e risalga agli anni ’80.
Insomma, ad ognuno la sua. Ovviamente la cosa è stata ripresa da più testate. E’ stato un siparietto carino nell’insieme della trasmissione. Ma …! Noi? Cosa diciamo? Nulla?!?
Argomento già dibatutto e raccontato nelle varie rubriche di Maremma che Ciccia ma, come dimostra quanto appena raccontato, possiamo ben dire che nessuno – tanto meno i grandi chef – conosce la verità delle cose.
Se ne dicono e se ne raccontano tante di verità. Ognuno di noi, patriotticamente parlando, cerca di tenere alta la propria appartenenza spingendo il proprio territorio come pioniere di ogni cosa. Quello che ci sentiamo di dire, attraverso le nostre fonti è che il nome TARTARE deriva dai tartari, ma la battuta di coltello ha origini italiane, piemontesi nello specifico. La declinazione di come poi venga servita … è dovuta al passare degli anni e alle rivisitazioni dei vari gusti e territori.
Ma Maremma che Ciccia non può chiudere il discorso con una semplice definizione. Vogliamo darvi di più… molto di più.
Ed è per questo che, consci del caos che gravita intorno alla questione TARTARE vs BATTUTA, abbiamo voluto interpellare alcuni BUTCHER d’Italia per sentire la loro sull’argomento.
Due semplici domande a cui rispondere di getto, senza pensarci troppo:
- TARTARE O BATTUTA AL COLTELLO, sono per te la stessa cosa?
- Quali sono le differenze tra le due (se ci sono)?
LE RISPOSTE
SICILIA
Partendo dall’estremo SUD ecco il parere sull’argomento dal Macellaio con la coppola. Il Siciliano DOC Gianni Giardina
GIANNI: “Tartare o battuta??????? Noi siamo italiani: BATTUTA tutta la vita!!! I cugini francesi la chiamano tartare… I due nomi rappresentano sostanzialmente la stessa preparazione, ovvero ‘carne cruda condita e servita non cotta’. Sono molto legato al tricolore e posso affermare con fierezza che questo tipo di preparazione nasce in Italia. Già dalla notte dei tempi si usava pestare la carne cruda x intenerirla, condirla con i sapori del territorio e mangiarla. Non c’è altro da aggiungere.”
PIEMONTE
Differente il pensiero del collega macellaio Torinese, Antonio Chetta. Due preparazioni simili nel concetto, ma con stili e procedimenti assai differenti.
ANTONIO: “Qui in Piemonte per tartare si intende una preparazione di carne, tritata finemente alla quale si è soliti aggiungere altri ingredienti quali capperi, tuorlo d’uovo, senape, aceto balsamico o limone.
La battuta invece è sacra, sminuzzata solamente con la lama fredda del coltello, da gustare per quello che è, nuda e cruda… al massimo, per chi vuole osare, con fiocchi di sale e olio”.
LAZIO
Fuori dal coro l’opinione di Roberto Passaretta, una delle voci autorevole per il Lazio e non solo. Non parliamo di Tartare!
ROBERTO: ”Ti dico la mia, preferisco parlare di battuta piuttosto che di tartare, anche perché, dalle reminiscenze scolastiche, l’associo alla ciccia scaldata sotto la sella dei cavalli del Tartari. Pertanto preferisco parlare di battuta al coltello”.
“Per me la ‘battuta al coltello’ è anche l’unico modo di mangiare un filetto, a patto che sia di Scottona o Castrato e che sia piuttosto frollato. L’unico modo per realizzarla è solo il coltello!!! Nessun utilizzo di tritacarne se pur refrigerato (ma non credo ci sia bisogno di specificarlo)”.
“Adoro prepararla soprattutto nei periodi più caldi e abbinarla a prodotti del mio territorio. Come le arance, limoni, acciughe e formaggi sia di pecora e capra, o di mucca; con le olive nere di gaeta e con il nostro ottimo Olio d’oliva fatto con le olive itrane”.
BASILICATA
Tornando al Sud dell’Italia, precisamente in Basilicata, ecco che abbiamo sentito anche il parere di un butcher più giovane. Per Daniele Gargano la differenza sta nel modo.
DANIELE: “Tartare e battuta sono la stessa cose se la lavorazione viene effettuata con coltello… Se la tartare viene tritata con la macchina per farla venire più sottile non è la stessa cosa ma sono due lavorazioni diverse. La preparazione di tartare per la mia regione rigorosamente è con peperone crusco”.
LIGURIA
E in Liguria che dicono? Ecco che siamo andati a sentire anche il parere di un grande professionista e amico conosciuto da tutti come CARLONE, il gigante buono della ciccia dry age Carlo Ferranda.
CARLO: “Da noi se ci chiedono la TARTARE, è carne cruda magrissima passata al tritacarne. Se ci chiedono invece la battuta al coltello ecco che la preparazione sarà fatta esclusivamente al coltello, lasciando la carne a cubotti (naturalmente sempre di piccole dimensioni).
Quello che cambia per le due preparazioni sono anche i condimenti utilizzati. Per la Battuta non esiste altro che Olio EVO, sale e pepe. Per la Tartare invece, l’utilizzo di condimenti è un po’ più gourmnet. Magari con della senape, una puntina di limone, olio EVO, capperi, acciuga. La Variante Ligure? Pesto alla genovese e pinoli da servire accanto alla carne. Da provare, fidatevi”.
EMILIA ROMAGNA
Spinosa la considerazione del BBQ-BUTCHER Ferrarese, Marcello Iuculano, penna in alcune rubriche di Maremma Che Ciccia. Già in un suo articolo avevamo trattato l’argomento ma oggi, la sua sintesi è ancor di più spigolosa.
MARCELLO: “C’è molta confusione sul tema. Le ipotesi sono tante e tutte plausibili, a partire dal nome che sembra derivare dai Tartari per passare alla nouvelle cuisine francese per arrivare in Italia sotto forma di battuta per l’esattezza in Piemonte. Ma se ti fai un giro nelle macellerie Piemontesi sono ben poche quelle dove effettuano la preparazione battuta a coltello, preferendo per comodità il tritacarne con una macina a fori grandi (disco del 4).
Alcuni chef hanno interpretato la questione dicendo che la tartare è un piatto mentre la battuta no.
A questo punto a rigor di logica mi sento di dire che:
La tartare si può declinare in due modi,
1- battuta a coltello e prende il nome di “battuta”
2- tritata col tritacarne e prende il nome di “trita”.
Quale sia il processo migliore e originale per ricavarla, per non parlare poi di storicità visto che una volta non c’erano neanche i tritacarne, è piuttosto intuitivo.
TOSCANA
Concludiamo il nostro tour dal nord al sud, parcheggiando al centro Italia, precisamente nella mia Toscana, dove, a dare voce a questa spigolosa questione troviamo una giovane e promettente lady Butcher dal grande talento. La bellissima Anna Moretti della Macelleria Moretti di Montevarchi.
ANNA: “Per noi la tartare è macinata. Può essere macinata più fine o più grossolana ma resta sempre un macinato. La battuta invece la facciamo a coltello. Posso dire che per noi TOSCANI mangiare carne cruda è di tradizione e tipicità. Sia il cliente che il macellaio stesso si può sbizzarrire con abbinamenti e sapori particolari, pur sempre nel rispetto del buon gusto”.
“In macelleria ne proponiamo di diversi tipi. Quella che più mi piace è la TARTARE con avocado, pane all’aglio e una maionese col wasabi perché il wasabi con la carne sposa veramente bene”.
“Sul taglio più adatto da utilizzare, c’è un mondo di pensieri e idee molto contrastanti da macellaio a macellaio. L’unica cosa sulla quale non possiamo differire è l’utilizzo di carni magrissime e succose”.
“Se volgiamo riassumere un po’ la questione della domanda, diciamo che tendo ad usare la tartare quando voglio ottenere un risultato di sapori con l’utilizzo di molte spezie. Ecco che questa tecnica mi aiuta nell’amalgamare bene ogni spezia utilizzata, magari anche con un tempo di riposo del composto”.
“Uso la battuta invece quando al centro del piatto ci deve essere solo e soltanto il vero sapore della ciccia, magari spinto leggermente da un buon OLIO EVO e fiocchi di sale”.
QUINDI?
Come vedete il tema della TARTARE e BATTUTA AL COLTELLO è un mistero al quale nessuno saprà mai rispondere con certezza. Ognuno di noi ha un pensiero giusto dato dalla propria esperienza e tradizione di ogni giorno. Non ci sono risposte giuste o sbagliate. Questo è il bello del nostro paese. Questo è il valore della nostra storia gastronomica che va protetta ad ogni costo.
Ben vengano quindi le scene comiche della TV per fare odience ma, soprattutto, per mantenere viva la nostra storia.
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!