La BIG-STEAK. Una GIOIA difficile da trovare!
Cari amici lettori di “Maremma che Barbecue”, eccoci al primo articolo dell’anno.
Nel 2021 ci siamo lasciati con la promessa che avremmo rivoluzionato la rubrica proponendo vere e proprie ricette tradizionali in versione bbq e abbinamenti cibo vino; e così sarà ma, nel frattempo, godetevi questo interessantissimo spoiler che rivoluzionerà il mondo delle bistecche!

SINO AD OGGI
Ad oggi si conoscono moltissime razze bovine differenti e provenienti da ogni angolo del mondo; dal Wagyu all’Angus, dalla Sashi alla Galiziana, dalla Chianina alla Romagnola e così via.
Tuttavia, quando si parla di “bistecche”, i tagli presi in considerazione sono T-bone e ribeye, o al limite flank, spider, diaframma e pochi altri.
Da qualche tempo, noi di “maremma che ciccia” abbiamo scelto di “alzare il tiro”, con l’obiettivo di trovare una bistecca “fuori dagli schemi” e altrettanto (o più) prelibata.
LO STUDIO
Interrogando giornalmente ad ogni singolo acquisto i nostri clienti sul “risultato” delle loro ricette, e confrontandoci tra di noi, abbiamo scoperto che tra i vari tagli che danno maggiore soddisfazione ne spiccano soprattutto tre!
Se state pensando a filetto, controfiletto e T-bon, siete fuori strada!

I tagli preferiti dai clienti sono: picanha (punta d’anca), scamone e tri-tip (spinacino) – sempre in tema di bistecche, intendiamoci.
Certo, la fiorentina, la costata e il filetto restano comunque, per molti, “insuperabili”; ciò nonostante, i consumatori contemporanei possono avvalersi di tecniche più accurate e godere di una resa decisamente superiore – in termini di gusto e consistenza.
Stiamo finalmente imparando a conoscere tutti i tagli “nascosti”, per così dire “secondari” ma comunque nobili.
Pur essendo consapevoli che, in termini di consistenza, il risultato più facile sia quello del filetto, o che, sotto l’aspetto scenografico, la fiorentina faccia sempre la sua “porca figura”, il consumatore 2.0 è disposto a sperimentare sempre nuove esperienze.
Il “colpo di genio”
Dopo aver osservato quanto detto sopra, abbiamo voluto proporre qualcosa di nuovo, differente dalle bistecche e che, soprattutto, solo un “vero butcher” riuscirebbe a realizzare.
Sì, avete capito bene, non stiamo parlando di un taglio facile da lavorare; richiede una certa conoscenza e capacità tecniche discrete.
Si tratta della big-steak, realizzata dal taglio intero di una coscia di bovino, adeguatamente frollata e proveniente da razze adeguate allo scopo.
Abbiamo dunque voluto fare alcuni approfondimenti per sincerarci dell’esistenza di lavorazioni simili – composti, più che altro, di tagli “scenografici”, molto “belli da vedere” ma di resa nettamente inferiore a quello che abbiamo invece ottenuto noi.
Di fatti, la nostra big-steak si può realizzare solo tagliando il coscio del bovino in corrispondenza dei tre muscoli sopracitati – scamone, tri-tip (spinacino) e punta d’anca.
In questa maniera, la bistecca – che, in base allo spessore, può raggiungere un peso compreso tra 1,0 e 5,0 kg – acquisirà elevati livelli di gusto, morbidezza e succulenza; per non parlare del fatto che in una sola bistecca sono racchiusi i tre tagli “clou” del quarto posteriore.
LA PROVA
Non avremmo mai scritto questo articolo senza cimentarci in un numero sufficiente di esperimenti.
Non è un caso che, nelle nostre celle di frollatura dry-aged, da circa 9 mesi stazionasse una coscia di Black Angus: e ci siamo detti: <<Quale miglior occasione?>>.
Detto fatto; interrompiamo la magia della frollatura… parte il coltello… e si accendono le griglie.
Già al taglio, l’aspetto fa ben sperare; la marezzatura della carne è indescrivibile e si nota in maniera netta la differenza dei tre muscoli anatomici. I profumi sono tipici, inconfondibili, con note di funghi e formaggio che pervadono i sensi.
Mentre scaldiamo la griglia, eseguiamo un’accurata trimmatura della big-steak; nove mesi sono lunghi e le ossidazioni superficiali non vanno trascurate.
La cottura è classica, come quella di una fiorentina; raggiungiamo una temperatura al cuore di circa 50 °C e lasciamo riposare la bisteccona per qualche minuto (rest).
Non l’abbiamo voluta tagliare tutta prima del servizio; anzi, l’abbiamo portata a tavola intera. Così facendo, si è potuto lavorare ogni singolo muscolo e apprezzare la diversità organolettiche.
IL RISULTATO
Ogni singola parte della bistecca è stata una nuova scoperta, dalle complessità aromatiche (per via della frollatura) alla morbidezza; persino la succulenza cambiava da un taglio all’altro.
Nessuno dei tre ha vinto sull’altro, ma personalmente la sequenza spinacino-scamone-picanha è stata una degustazione verticale di grande rispetto.

ABBINAMENTI Meat&WINE
Abbinare un vino su una bistecca al sangue può sembrare facile ma, di fronte a una prelibatezza simile, non lo è stato affatto.
Considerate che, in questi casi, si ha a che fare con succulenza, grassezza, intensità aromatica e persistenza.
Scegliere un vino adeguato può risultare difficile. Serve naturalmente un rosso di corpo e con buon grado alcolico; un tannino deciso ma comunque elegante per asciugare leggermente il palato; una buona spalla acida per pulire la grassezza delle marezzature; possibilmente con sentori di spezie e un buon affinamento, magari in botte grande, e con significativa persistenza retro-olfattiva.
Avendo in casa un Nero d’Avola del 2015, con 14.5 % vol, buona tannicità e acidità, la scelta è stata comunque veloce.
Il vino non ha giustamente prevaricato sulla big-steak, quale protagonista del giorno.
Che dire? Dopo una LETTURA del Genere e, con la voglia di mangiarsi una bella STEAk, parte d’obbligo la standing ovation per i Butcher IUCULANO della Macelleria MORETTI di Ferrara.
Bravi BROTHERs!
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