Cottura Sotto la Cenere: Impiego Sostenibile delle Braci
Nulla da fare… la STORIA come sempre ci Insegna! COTTURE COMPRESE!
Un caro saluto a tutti gli amici della nostra rubrica Meatology!
Con l’articolo di oggi il BBQ-BUTCHER Marcello Iuculano cercherà di farvi vivere secondo un altro punto di vista. E se vi dico che possiamo essere molto più sostenibili mentre utilizziamo il nostro BBQ a carbone? Siete pronti?
Il nostro obiettivo oggi è quello di aiutare tutti gli amanti della cottura “outdoor” a concretizzare il nobilissimo intento rendere l’uso di legna e carbone economicamente più vantaggioso ed ecologicamente più sostenibile.
Chi pratica la cottura arrosto in barbecue, grill o forno a legna, tende ad acquisire la pessima abitudine di “sprecare” ogni volta una quantità più o meno elevata di “braci morenti”.
Sia chiaro, non è sbagliato abbondare leggermente con la fonte di calore; trovarsi all’80-90% di una cottura e dover accendere altro carbone o legna è davvero fastidioso!
Ho quindi deciso di scrivere queste poche righe nella speranza di offrire alcuni validi spunti o, al limite, di suscitare una piccola riflessione sulle abitudini correnti.
Il Valore della Goccia nel Mare
Perché recuperare braci e cenere?
Soprattutto per due ragioni fondamentali:
- ottimizzazione economica ed ecologica;
- recupero delle tradizioni.
1. Ottimizzazione economica ed ecologica
Fortunatamente, la maggior parte di noi non ha la reale necessità di “recuperare” qualche tizzone di legna o carbone. Pochi euro, alla fine del mese, non dovrebbero impattare significativamente sul bilancio familiare di nessuno.
Tuttavia, ragionando in termini di sostenibilità, il discorso “si fa più spinoso”.
Domandatevi: Una volta terminato di lavarsi le mani lascereste il rubinetto aperto? Scaldereste la casa con le finestre spalancate? Gettereste nell’immondizia un pezzo di fiorentina avanzata? No. È irragionevole, insensato e concettualmente sbagliato.
Peraltro, la combustione della legna – dalla quale proviene anche il carbone che acquistiamo – produce CO2 ed equivalenti; ergo: inquinamento.
Quanti di noi coibentano casa, installano pannelli fotovoltaici, scelgono il riscaldamento a pavimento ecc. con l’obbiettivo di risparmiare e ridurre le emissioni? Molti (fortunatamente).
Per lo stesso motivo, non vedo perché sprecare una fonte di calore solo per la “pigrizia” di non voler programmare una ricetta di “riutilizzo”.
I più “skillati” di voi già utilizzeranno l’utilissimo spegni-brace metallico. Questo tuttavia, consente di riutilizzare solo una piccola parte del substrato in oggetto, che andrà accuratamente setacciato, e quasi mai riutilizzato per cotture calibrate come le low-slow al BBQ. Possono invece risultare utili alle cotture dirette, ma sempre in combinazione a “braci fresche” – senza dimenticare che vanno comunque riaccese.
Potrebbe invece essere più sensato sfruttare le calorie residue al loro totale esaurimento.
L’importanza del retaggio: lo spreco corrisponde a più fatica!
A prescindere dalla logica e dalla coerenza, dovremmo anche porci una domanda fondamentale:
Prima dell’XVIII secolo, il riscaldamento e la cottura alimentare avvenivano nel camino di casa o all’esterno di essa.
La cucina economica – della prima metà del ‘700 – fu poi un’invenzione rivoluzionaria, in quanto consentiva di modulare la combustione, utile sia al riscaldamento che alla cottura (oggi ce ne sono perfino di elettroniche e collegate all’impianto di riscaldamento).
Non tutti sanno però, che solo per scaldare “al minimo” – nel periodo invernale – una casa di 150 metri quadrati (non coibentata) servono all’incirca 100 quintali di legna – facendo una media delle condizioni climatiche nel nostro paese.
Ebbene, un tempo questa legna era da acquistare, trasportare, spaccare, stoccare e quindi “centellinare”.
Secondo voi, in quanti si sarebbero mai sognati di sprecare anche il più “tenue” dei tizzoni? Ve lo dico io: nessuno!
Pertanto, come venivano impiegate la cenere e le braci morenti? In diversi modi, tra i quali la cottura sotto la cenere.
Cottura Sotto la Cenere: Un Tesoro Culturale Sepolto
Cottura sotto la cenere: diverse alternative per l’impiego
Partiamo dal presupposto che la cottura sotto la cenere è diffusa in tutto il mondo. Dall’Europa al Nuovo Mondo, migliaia di anni fa le popolazioni tribali già preparavano alcuni cibi all’interno di grandi fosse nelle quali venivano accesi i fuochi per la difesa notturna e per il riscaldamento.
Ciò significa che cucinare sotto la cenere è “una tecnica per tutti”! Serve, logicamente, un po’ d’occhio nella valutazione del tipo di alimento, della pezzatura e della fonte di calore necessaria – che verrà nel tempo.
La procedura è semplice:
Si pone l’alimento eventualmente oleato e condito all’interno di un foglio di alluminio, che verrà poi sigillato. I prodotti che mantengono la buccia o la pelle anche durante la cottura possono entrare in contatto diretto con la stagnola, per tutti gli altri si dovrebbe prevedere uno strato interno di carta forno – per ridurre la contaminazione da alluminio nel cibo.
Il tempo di cottura?
Diciamo che è sufficiente… dimenticarsene fino al giorno seguente (con le dovute eccezioni, ovviamente).
CONSIGLI DEL BUTCHER
Io consiglio di partire dalle ricette più facili, quasi banali, come le patate o le cipolle in cartoccio – magari con guanciale e pecorino (o la versione BBQ con cheddar e bacon).
Altre alternative vegetali sono costituite da tutti gli ortaggi, come peperoni e peperoncini, topinambur, olive fresche, rape, sedano rapa, lampascioni pugliesi e addirittura mele, pere, cotogne e castagne. Trovo particolarmente interessante il mix di verdure (cipolla, peperoni, melanzane, zucchine, zucca) aromatizzato al basilico e arricchito con caciocavallo.
L’uovo intero, con un piccolo foro al vertice, cotto sotto la cenere, è un must tradizionale di varie regioni italiane. Stesso discorso vale per il tastasale e per le salsicce.
In alcune zone costiere, pare che la tradizione locale implicasse anche la cottura in cartoccio sotto la cenere di pesciabbastanza grassi come lo sgombro.
Fino ad arrivare a veri e propri capolavori come gli gnummareddi o turcineddhri – o gli equivalenti diffusi in tutta la dorsale appenninica, fino alle pre-alpi, comprese Sicilia e Sardegna.
Concludo questo paragrafo descrivendo quello che, secondo me, è l’esempio di sostenibilità ed economia domestica rurale. In passato gran parte delle famiglie preparava autonomamente il pane, avvalendosi di grossi forni all’esterno dell’abitazione.
L’uso del forno a legna per la cottura del pane richiede un riscaldamento preliminare e, solo al raggiungimento di una temperatura pari a circa 160-180 °C – a seconda della pezzatura – la cottura.
I forni tuttavia, godevano di una discreta inerzia termica; cosicché, molte massaie ne approfittavano per inserirvi all’interno prodotti che avrebbero richiesto una cottura lunghissima. Per esempio, il capretto o l’agnello interi.
La peculiarità di tale sistema è la progressiva ma lunghissima riduzione della temperatura. In tal modo si va ad instaurare comunque la Maillard superficiale, pur lasciando che i connettivi collagenosi si squaglino pian piano.
E non ditemi che non vi è venuta voglia di prepararvi una patata sotto cenere durante il prossimo BBQ… a me sì!
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