STORIE D’ITALIA: CAPITOLO III – CAMPANIA nel Cuore
STORIE d’Italia: I BUTCHERs RACCONTANO Giunti alla III Edizione, oggi vi porteremo in Campania
Nuovo mese, nuovo racconto. Aprile è già cominciato e, ad accoglierci è stata proprio la santa Pasqua.
Una pasqua strana, insolita, inusuale anche per il mondo macelleria. Certo, la seconda vissuta durante il periodo COVID piena di se e ma.
Come ogni prima del Mese, ci piace iniziare raccontando una regione dell’Italia, magari narrata con la voce di colleghi Macellai. Vi anticipo già che l’ospite di oggi è una bomba.
Abbiamo scelto di parlare della Campania, forse perché è la regione che più rappresenta per me la tradizione della Pasqua culinaria.
Chi di voi non ha avuto la fortuna di poter mangiare almeno una fetta di Pastiera Napoletana offerta con il cuore da un Campano? Per i più fortunati come me, sono riuscito a ‘papparmi’ anche un bel Casatiello fatto in casa. Altro che colomba!
FACCIAMO IL PUNTO
La Campania è una regione italiana ricca di eredità storica. Vi si possono trovare resti sanniti, romani, greci, normanni oltre che di svariate altre culture. La regione fu infatti assai popolata fin dall’antichità per via delle favorevoli condizioni climatico-ambientali, oltre che per la sua importanza nei traffici commerciali.
In seguito ad alcuni scavi archeologici, si è capito che la regione venne popolata già 70 000 anni fa. In quell’epoca gli Appennini erano ricoperti di fitte foreste dove gli uomini si recavano per cacciare e raccogliere i frutti del bosco, poiché non erano in grado di coltivare piante né di allevare animali. Al Paleolitico medio, ossia all’epoca dell’uomo di Neandertal, risalgono infatti le selci lavorate e scheggiate (forse usate come coltelli o raschiatoi) che emergono in talune aree appenniniche e in particolare sull’altipiano della sella di Ariano, nei cui pressi è stato anche rinvenuto il villaggio neolitico de La Starza, il più antico insediamento stabile della regione. (Wikipedia DOCET)
Insomma. La storia della Campania è una storia ricca di vicissitudini e conquiste continue. Occupazioni di svariati popoli che si insediarono proprio per le sue meravigliose caratteristiche.
Greci, Etruschi, Sanniti, Lucani, Romani… invasioni Barbariche, i principati di Capua e Salerno… fino al 1500 alla grande conquista degli Spagnoli del regno di Napoli….
Un tripudio di contaminazioni, un mashup di culture di vita e di sapori che hanno influito ad ottenere quello che oggi è.
La storia della Campania mi affascina e, i molti dei colleghi Campani sono come fratelli. Se non l’avete ancora capito SI, adoro questa regione. Non me ne vogliano altre.
PAROLA AL PRESIDENTE
Ho deciso quindi di chiedere a LUI, un punto di riferimento per i Macellai e per la macelleria Campana. Un amico, un ottimo macellai ma, soprattutto un GUIDA per il bene del mestiere. Ci piace ascoltare vecchie storie legate agli anni che furono, soprattutto quando si parla della nostra professione del passato. Ecco quindi che abbiamo l’onore di poter ascoltare le parole del grande Presidente Federcarni CAMPANIA e Presidente Provinciale di NAPOLI, Piero Pepe, pronto a raccontarci come sono nate due professioni storiche del Napoletano.
LA STORIA DI NAPOLI
Negli anni ’50 la Campania, come il resto dell’Italia, fù messa in ginocchio dai bombardamenti appena cessati durante la seconda guerra mondiale.
Inizia da li, lentamente e con gran difficoltà la ripresa sociale, puntando prevalentemente sull’agricoltura e un pò di edilizia popolare, ricostruendo in primis ospedali e scuole.
I MACELLAI CAMPANI NEL DOPOGUERRA
Già maestri nell’arte dell’arrangiarsi, gli uomini che avevano la fortuna di possedere degli animali, cominciarono a produrre pietanze adatte ad essere consumate nella cucina povera contadina o, prodotti di carne che potevano essere conservate nei mesi successivi. Iniziarono così a nascere le famose ‘PUTECCHE’, una sorta di SALUMERIA dove venivano vendute solamente prodotti di produzione propria.
‘U PUTECHERO (IL BOTTEGAIO)
Con la parola “puteca” (putéca), che in italiano si traduce “bottega”, “negozio” (indicando nell’uso comune la classica salumeria) nei tempi passati si indicava un negozio dove si vendevano gli alimenti.
Legato alla “puteca” era la figura del “putecaro”, ovvero il bottegaio, che spesso diventava una figura familiare, che vedevi ogni giorno per comprare gli alimenti giornalieri indispensabili.
Nelle puteche di Casale, infatti, si vendeva un po’ di tutto, come affermano le persone del tempo:
la pasta (spaghetti, linguine, recce…) era sfusa e veniva acquistata a peso; solo i maccheroni erano in confezioni da 5 chili; la menuzzaglia (pasta mista) ottenuta con i residui della pasta avanzata, costava meno; le castagne allesse( secche) che venivano cotte con la pasta; e ancora i fichi secchi, l’olio, la sugna, la buatta (il concentrato di pomodoro), i fagioli secchi, i ceci…. tutti alimenti “sfusi” non confezionati; venivano pesati e i clienti dovevano portarsi da casa un grande tovagliolo, ’u sunale’, per contenerli e portarli con sè; gli alimenti che non potevano essere raccolti nel sunale (buatta, sugna,ecc) venivano consegnati su fogli di carta doppia.
Ovviamante i migliori salumi come il prosciutto, la coppa, il salame, la pancetta venivano consumati da famiglie più agiate mentre tutto il resto veniva comprato dalle famiglie più umili (come i contadini, e gli artigiani)
U CHIANCHIERE (IL MACELLAIO)
Le nostre nonne ci chiamano così… ancora dicono che devono andare dal chianchiere!?
Il chianchiere era il macellaio, e lo è ancora per noi. La parola “macelleria” deriva dal latino macellum che, nell’antica Roma, era il mercato di carni e altri generi alimentari, in particolare carne e pesce o anche frutta e verdura provenienti da zone lontane.
Il macellarius era dunque uno dei venditori che operava nel macellum.
Il termine napoletano chianchiere, invece, sembra derivare dal modo in cui quest’ultimo lavorava: i pezzi di carne che tagliava venivano adagiati ed esposti su di un bancone di legno che in latino si chiamava planca (asse, tavolo).
Planca si è trasformato con il tempo in chianca, che indica l’oggetto sul quale era possibile visionare la merce che si aveva intenzione di acquistare e che contraddistingueva la bottega di colui che, a questo punto, era il chianchiere.
E, come tutti i mestieri del tempo, anche il chianchiere era un’arte che veniva spesso tramandato in famiglia dal padre ai figli.
E tante altre potrebbero essere le storie da raccontarsi, ed ascoltare in silenzio. Perché è questa la vera cultura che ci dobbiamo portare stretta nel cuore. Solo conoscendo la nostra STORIA, possiamo oggi riprenderci in mano il nostro FUTURO!
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