RICETTA DEL MESE: QUANTI MODI DI DIRE… TRIPPA
QUANTI MODI PER DIRE… TRIPPA?
In ricordo d“Er più figondella Garbatella (Roma) der tempo che fù –
Franco De Angelis
Estate o Inverno, caldo o freddo, la TRIPPA è uno dei piatti che non andrà mai in pensione. Anzi, negli ultimi cinque anni, grazie alla riscoperta dei piatti poveri e al mondo della cucina rivisitata, ecco che tornano di moda i tagli per tempo dimenticati e, comuque proprio apprezzati.
Nel sugo, ad insalata fredda, in bianco, sono solo alcuni modi per poterla assaporare. E, come è solito dire nel nostro bel paese, luogo che vai trippa che trovi. Naturalmente non per quanto riguarda la sfera anatomica, bensì per il lato culinario del termine. L’Italia si sa, è un paesone ricco di storia, cultura ma, soprattutto di rivisitazioni e personificazioni culinarie. Se poi la ricetta proviene dalla cultura dei piatti poveri, allora si che ognuno tiene con se il tocco magico della ricetta.
Quello del ‘povero’ doveva essere un semplice piatto; ma come si dice, “di necessità virtu” ha fatto si che da quella materia prima, proveniente dagli scarti della macellazione, oggi sia considerato ingrediente molto ricercato protagonista di piatti gourmet. E, diciamocela tutta, oggi “del povero” non ne ha nemmeno più il prezzo di acquisto. Benvenuti neo viaggio intorno alla trippa.
COS’è LA TRIPPA
Partiamo dal principio perché non tutti sanno cosa sia davvero la trippa. siamo nel quinto/quarto, ovvero tutto ciò che resta della macellazione bovina delle interiora animale.
Si tratta di una parte dello stomaco del bovino o, meglio, di più parti. Distinguiamo infatti tra rumine che è la parte più spessa, grossa e grassa della trippa e rappresenta l’80% di tutto lo stomaco dell’animale; c’è poi il reticolo o cuffia che è la parte più spugnosa della trippa; l’omaso è la parte più magra con una struttura lamellare a pieghe bianche; l’abomaso, o meglio conosciuto come lampredotto è la vera e propria parte di stomaco ed è quella più vicina all’intestino e a sua volta si divide in gala, la parte magra, e spannocchia, la parte più grassa.
COME PULIRE LA TRIPPA
In genere la trovate già pulita in commercio, ed ecco che qui già nascono le prime difficoltà. Qualche consiglio? Ci pensa il vostro BUTCHER.
Per prima cosa, aguzzate la vista; se la trippa vi sembrerà bianca come il latte, allora significa che quella trippa ha subito dei processi di pulizia assieme all’utilizzo di sostanze chimiche, da non ritenersi quindi un processo artigianale, sano senza l’aggiunta di trucchi. Tanto per dirvene una, se la trippa esposta risulta molto alta, quasi gonfia, evitatene l’acquisto, perché, le sostanze sbiancanti utilizzate per la pulizia, servono anche ad aumentare di volume attraverso l’assorbimento di acqua. Questo ‘bello apparente però non giocherà a favore della buona riuscita del piatto finale, sia per il gusto che per la qualità. Prediligete quindi quella trippa dal colore giallo/grigio. Quel colore sarà indicatore di qualità, sapore e lavorazione artigianale. Se invece avete voglia, o vi regalano delle trippe di vitello da pulire, di seguito veloci e rapidi accorgimenti per trattarla.
Per prima cosa bollitela per qualche minuto in acqua e limone. Poi lavatela sotto un getto di acqua corrente per rimuovere la parte grassa e le impurità e infine lasciatela in ammollo in acqua e limone per un’ora prima di asciugarla e tagliarla a pezzi. Quando parliamo di limone intendiamo proprio pezzi di limone che vengono immersi in acqua e non solo di succo.
COME CUCINARLA?
Tantissimi sono i modi per trattare questa nobile materia prima. Voglio elencare alcune semplici ricette e differenze per poter cucinare la trippa secondo le tradizioni culinarie del nostro amato territorio.
TRIPPA ALLA MILANESE
Chiamata anche busecca, questa è una ricetta molto semplice che si prepara cuocendo la trippa in padella solo con olio.
Poi si aggiunge un soffritto di carote, cipolla, sedano e salvia insieme alla passata e si completa la cottura insieme ai fagioli.
TRIPPA ALLA ROMANA
Questa è la ricetta di un mio caro amico, una di quelle tradizioni di generazione, quando la mamma negli anni 50/60, come di rito in quasi tutte le famiglie romane, era solito mangiare nel giorno del sabato. Perché si sa, la tradizione nelle famiglie romane dell’epoca il menu prevedeva Giovedì gnocchi, Venerdì baccalà e minestra di ceci, il sabato TRIPPA. “Mettere la trippa, tagliata a fettine, in un tegame di coccio e soffriggete con l’olio d’oliva, il burro, l’aglio, la foglia dall’oro e un bicchiere di vino bianco secco lasciandolo evaporare. Aggiungere i pomodori pelati, sale, pepe o peperoncino secondo gusti del brodo vegetale. Lasciate bollire a fuoco moderato per circa 1 ora. Assaggiate se è giusta di sale, pepe e peperoncino. Il tocco: la vera trippa alla romana va servita con la menta, mescolata con il pecorino romano. Ricetta de “Er più della Garbatella (Roma) der tempo che fù – Franco De Angelis
TRIPPA ALLA MAREMMANA O ALLA BUTTERA.
Ecco la nostra variante, saporita e decisa. Somiglia a quella romana, almeno nel modo di essere cucinata. Partendo da un soffritto con sedano carote e cipolle con l’aggiunta di guanciale a striscioline e della salsiccia spezzettata. Facciamo rosolare assieme, sfumandolo con del vino rosso corposo. Aggiungiamo del pomodoro pelato, sale e pepe a piacere e un po’ di pizzico. Quando il fondo di pomodoro è pronto, ci aggiungiamo la nostra trippa già scottata e la lasciamo andare piano piano per almeno 90 minuti a fuoco lento. A fine cottura, un piccolo segreto; una scorsa di un limone intero e il gioco è fatto.
TRIPPA IN UMIDO CON PATATE
Altra ricetta molto ricca e gustosa. Qui la trippa va cotta nel brodo e poi ripassata in padella con un soffritto di sedano, carote e cipolle cotte nel burro. Si aggiungono anche le verdure del brodo e si sfuma tutto con del vino bianco. Si prosegue la cottura con l’aggiunta di brodo vegetale e di un po’ di passata a fuoco molto lento per circa 2 ore. Una volta tagliate a tocchetti le patate si fanno cuocere con la trippa per circa 30 minuti insieme alla scorza di limone e a un pezzo di scorza di parmigiano. Questa ricetta va servita calda con abbondante parmigiano grattugiato e dei crostini di pane.
LAMPREDOTTO
Non per ultimo c’è lui, il LAMPREDOTTO, piatto semplice della cultura povera Fiorentina diventato nei secoli un ever-green conosciuto e ricercato in tutta la nazione. La ricetta? Semplice ma con dei passaggi fondamentali. La ricetta? No, non posso ‘liquidare’ un piatto per me così importante con poche righe. Vi prometto che gli dedicheremo una giornata intera.
INFORMAZIONI NUTRIZIONALI DELLA TRIPPA
Lo sapevi che la trippa è un alimento molto leggero indicato molto spesso nelle diete? E’ molto nutriente, ma non è un alimento grasso, infatti, dal punto di vista nutrizionale, con 100 gr di trippa bovina si assumono 98 kcal, con il 15% di proteine e soltanto il 4% di grassi.
CURIOSITA’
Il modo di dire “Nun c’è trippa pe’ li gatti”, Famoso modo di dire romano coniato verso i primi del ‘900 dal primo cittadino dell’epoca Ernesto Nathan, allorché si accingeva a eliminare dal bilancio delle spese di Roma una voce di spesa per il mantenimento di una colonia di felini randagi. La ‘BUSECCA’ al Nord: A Milano la trippa viene chiamata busecca. È considerata talmente emblematica che l’epiteto ‘busecconi’ cioè mangia-trippa è divenuto una denominazione scherzosa dei Milanesi stessi.
Quale è il tuo modo preferito per mangiare la TRIPPA? Per il Butcher sicuramente il Lampredotto.